Specie non consumate, con presenza di criticità.
Specie non consumate in Italia e non commercializzate in altri Paesi UE, che presentino almeno uno dei seguenti fattori di rischio:
(1) sospetta tossicità
(2) tossicità in caso di consumo in associazione con sostanze alcoliche
(3) confondibilità rispetto a specie tossiche pericolose.
Nell’ambito delle valutazioni che portano a definire “non commestibili” delle specie che teoricamente sarebbero innocue, può giocare un ruolo anche la difficoltà di determinazione macroscopica rispetto ad altri taxa contenenti specie tossiche o fortemente sospette.
Il termine “non commestibile” viene invece riservato alle specie fungine per le quali si abbia assenza di consumo alimentare tradizionale in Italia e assenza di consumo diffuso o commercializzazione in altri Paesi UE, che presentino fattori di rischio come:
– segnalazioni documentate o comunque attendibili di casi di intossicazione;
– sospetta o confermata tossicità in caso di consumo in associazione con sostanze alcoliche
– marcata confondibilità rispetto a specie tossiche pericolose e/o difficoltà di determinazione.
Occorre precisare che un consumo alimentare saltuario o episodico in assenza di reazioni avverse, come nel caso di “test di consumo” effettuate e documentate da autori del passato, non ha la stessa valenza rispetto a un consumo tradizionale o diffuso. Pertanto, è possibile che alcune specie che da altri Autori vengono considerate commestibili, in base ai criteri della presente Guida vengano classificate “non commestibili”.
In base alla presente definizione, il termine “non commestibile” è qui utilizzato con un’accezione netta e perentoria: i funghi classificati in questo gruppo non devono essere ammessi al consumo.