Specie consumate, che presentano sufficiente livello di sicurezza alimentare solo dopo trattamenti specifici – tossiche in assenza di tali trattamenti.
La commestibilità è subordinata a uno o più trattamenti preliminari obbligatori, fra cui eliminazione dei gambi, prebollitura, cottura completa / prolungata. Dopo avere effettuato correttamente i trattamenti necessari, il consumo è da ritenere sufficientemente sicuro (come da definizione del punto precedente).
In genere esiste casistica documentata di intossicazioni gastrointestinali o comunque non gravi, dovute al consumo in assenza dei trattamenti.
I funghi a commestibilità condizionata possono essere consumati solo dopo specifici trattamenti preliminari, in assenza dei quali essi risultano tossici gastrointestinali (costanti, oppure incostanti con presenza di numeri significativi di reazioni avverse). Il trattamento può essere costituito da una o più delle seguenti procedure: eliminazione dei gambi, prebollitura con eliminazione dell’acqua, cottura completa/prolungata.
Trattamenti tradizionali più lunghi e complessi, come la macerazione in acqua e sale con diversi risciacqui, non vengono considerati praticabili, sebbene utilizzati in altri Paesi e localmente anche in Italia ai fini del consumo di determinate specie. Nella presente Guida, i funghi che potrebbero essere consumati solo dopo tali trattamenti vengono collocati in altre categorie: tossici gastrointestinali con tossicità incostante (es. Boletus satanas, Russula foetens, Lactarius torminosus), oppure non commestibili, sconsigliati o privi di valore (es. Caloboletus calopus, Tricholoma sez. Albobrunnei, Sarcodon leucopus). In ogni caso le specie che possono causare reazioni avverse anche gravi in assenza di trattamento (es. Gyromitra esculenta), poiché presentano un rischio più elevato, vengono considerate tossiche anche in presenza di consumo tradizionale in Italia o di commercializzazione in altri Paesi UE.
Per la maggior parte dei funghi a commestibilità condizionata il trattamento necessario e sufficiente a renderli utilizzabili nell’alimentazione è quello della cottura completa. Si tratta di un procedimento che non è standardizzabile, ma deve essere adattato alle diverse specie. Non si condivide, pertanto, la prescrizione della Regione Friuli Venezia Giulia (DGR 1422/2017) che definisce i funghi a commestibilità condizionata “Specie fungine che necessitano di tempi di cottura lunghi, comunque non inferiori a 40 minuti”. I funghi vanno sottoposti a una cottura in padella che deve consentire il raggiungimento delle temperature di ebollizione in tutte le parti, pertanto sono rilevanti anche le modalità con cui i funghi sono tagliati e il rapporto fra quantità di funghi e quantità di liquido (acqua di vegetazione emessa e liquidi aggiunti in seguito). Per le specie a commestibilità condizionata sono da considerare rischiose tutte le modalità di cottura che non garantiscono la cottura completa del fungo, per esempio alla griglia o alla piastra e in generale le cotture “a secco”.